Benedetto Varchi.
Lorenzino's murder of Alessandro de Medici
6-7 January 1537
VI. Io non voglio disputare, se quest’atto fu crudele o pietoso, commendabile o biasimevole, conciossiacosaché nessuno può sciogliere questo dubbio, e darne verace sentenza, il qual non sappia da qual cagione e a che fine fosse mosso Lorenzo: se egli si mosse a cosi gran rischio per dover perder non pur lo Stato di Firenze, il quale, morendo il duca senza legittimi figliuoli, ricadeva a lui, ma ancora la vita, solamente per liberar la patria dal tiranno, come egli affermava, e renderle la sua libertà; io per me crederrei che nessuna loda se gli potesse dare tanto alta, la qual non fosse bassa, nè cosi gran premio, che non fosse minore del suo merito; non arei già voluto eh’ egli, se poteva far di meno, avesse tirato la provvisione da lui, come dicono che faceva. Ma vogliono alcuni, che non fosse mosso da altro, che dall’ esser egli per sua natura di mala mente e di mal animo. Altri dicono, ch’egli si messe a cotanto pericolo, per iscancellare quell’ignominia che da i due bandi datigli in Roma, e dall’orazione fattagli contra dal Molza, seguita gli era; oltrachè si vergognava d’aver maritata si gentile e virtuosa sorella a un nobile e ricchissimo, ma privato de’ migliori sentimenti, e per conseguente inettissimo a tutte le cose. Nè mancano di quegli i quali affermano, lui non aver avuto riguardo ad alcuna delle cose dette; ma essere stato spinto da desiderio intensissimo di farsi immortale, del quale egli era arso incredibilmente sempre; oltrà l’essere egli nato per madre de’ Sederini, e per padre, di coloro i quali erano stati tanto nemici a Piero di Lorenzo, e tanto amici del popolo, che presa l’arme del comune, e mutando il nome del casato, s’eran fatti chiamare, non de’ Medici, ma de’ Popolani. Io per me non credo che nessuna di queste cagioni sola e separata dall’ altre, ma tutte insieme avessero forza di condurlo a cosi, non so se pia o empia, ma certo terribile e risoluta deliberazione. So bene per bocca sua propria, ch’egli ebbe in pensiero di volerlo ammazzare in Mercato Nuovo col suo pugnale medesimo, perchè rare volte cavalcava il duca, che egli non se’l facesse montare in groppa; ma rispetto alla guardia che sempre l’accompagnava, dubitò del successo, e forse temette di non potersi salvare, e sopravvivere alla gloria sua, come egli desiderava: ed una notte fu tentato di dargli la pinta a terra d’ un muro, ma ebbe paura o che egli non morisse, o che pure morendo, non si credesse lui esser caduto da sè.
VII. Nò voglio lasciar di dire, che gli fu predetto e pronosticato più volte, e per via di sogni, come da un paggio da Perugia, il quale era infermo, e per arte d’astrologia, come da maestro Giuliano del Carmine, il quale fece la sua natività (benché costui, secondo l’usanza di cotali astrologi, andava indovinando più quello ch’egli pensava che dovesse piacere al principe, che quello che fosse la verità), non solo ch’egli sarebbe ammazzato, ma scannato; e scannato, chi diceva il proprio nome, da Lorenzo de’ Medici, e chi lo descriveva, come fece Giovandomenico dal Bucine, chiamato il Greco, e figurandolo in modo, che si conosceva espressamente che intendevano di lui. Scrissegli ancora di Roma madonna Lucrezia Salviati, la più veneranda matrona che vivesse, che si dovesse aver cura da un tale, dipignendo Lorenzo; e Madonna Maria sua figliuola, dimandata dal duca perchè ella voleva si gran male a Lorenzo, rispose: Perchè io so ch’egli ha in animo d’ammazzarvi, ed ammazzeravvi; alle quali parole il signor Cosimo suo figliuolo, che le stava dietro, fece cenni al duca che la dovesse scusare come troppo affezionata.
REFERENCE
Benedetto Varchi. Storia fiorentina. Per cura di Gaetano Milanesi. Vol.3. Firenze: Felice le Monnier, 1858. 190-91. See full volume in General Sources on this site.